"Non è permesso a nessuno di vivere su quello che fu fatto da altri prima di noi.
Bisogna che noi creiamo."
(B.M.)
Nel 1935, alla fine di ottobre, il regime fascista varò l'Ente Nazionale della Moda che aveva il compito di italianizzare il guardaroba femminile e di adeguarlo ai comandamenti dell'autarchia. Il popolo italiano doveva "consumare italia" e quindi indossare lana di caseina, la lanital, seta e lino italiani e cotone tratto dalle fibre di ginestra, il raion, la canapa e l'ortica. Entrando in produzione i tessili dell'indipendenza, anche la moda doveva rendersi indipendente dai diktat di Parigi, doveva italianizzarsi sia nell'uso dei materiali, sia dello stile sia delle terminologie straniere usate fino ad allora. Nel 1936, l'Ente Nazionale pubblicò un dizionario che suggeriva come liberarsi delle parole straniere: il tailleur diventa "completo a giacca", i pantaloni "calzoni", la giarrettiera "legaccio", il jersey "punto calza". Tutto ciò che fosse proposto dall'estero e che pubblicizzava un'immagine di donna molto femminile e dalle linee affusolate, era abolito, come le stampe floreali, la vita segnata, le scarpe col tacco, i turbanti...
Per quanto riguarda gli abiti, si cercò di evidenziare le forme floride del corpo femminile come segno di fertilità; le donne indossavano guaine elastiche per i fianchi e reggiseno imbottito, il reggicalze si arricchì di tulle e fiocchi, le calze avevano una cucitura sul dietro per sottolineare la forma delle gambe, le mutande divennero come calzoncini e la sottoveste indumento indispensabile. Riguardo l'abbigliamento esterno, le gonne si accorciarono prima al polpaccio e poi appena sotto il ginocchio, i vestiti erano di colori monocromatici e sobri (nero, marrone); il punto di forza erano gli accessori, i bottoni a forma di conchiglia, sciarpe a fiori, mantelle corte alla vita, e vennero lanciati, inoltre, i cappellini con la veletta, che davano al viso un'aria misteriosa e romantica, e le scarpe con la zeppa in sughero, le quali, fecero l'allora fortuna dello stilista Ferragamo, a cui si deve l'invenzione del tacco rientrante ad "effe".
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