Diventa arte-azione e come tale è sola capace di forza profetica e divinatrice."
(Filippo Tommaso Marinetti)
La moda futurista si manifestò solo alcuni anni dopo rispetto alla pubblicazione del Manifesto del Futurismo di Marinetti, avvenuta nel 1909 sul quotidiano parigino "Le figaro", ma introdusse comunque un cambiamento determinante per l'innovazione del costume del '900.
Il futurismo, quindi si estese non solo a tutti i campi dell'arte, della letteratura, del teatro della musica e del cinema, ma anche ai campi delle arti applicate, come la grafica, la pubblicità, l'arredamento, il design e, ovviamente, la moda.
Le abituali parole d'ordine futuriste, velocità e dinamismo, quindi, non possono che riflettersi direttamente anche nell'abbigliamento. L'abito futurista rappresenta un segno ideologico dell'innovazione ed una direzione verso il futuro, il vestito antineutrale, prefigurato dal manifesto omonimo, non potrà che essere interventista, colorato, fosforescente, gioioso ed autentico.
Questi abiti devono provocare emozioni ed immaginazioni e stimolare la libera creatività, non devono essere in relazione con l'ambiente della società tradizionale, ma devono essere scioccanti e provocanti. L'abbigliamento, per ciò, è comodo e funzionale, privo di tonalità nere e grigie, abolite anche ai becchini, per portare lo slancio futurista giù per le strade, nei salotti, a teatro... Il "cattivo gusto", fatto di squilibri e asimmetrie, viene enfatizzato come unico antidoto contro il mediocre "buon gusto" dei borghesi.
Ogni capo d'abbigliamento era impossibile che passasse inosservato, gli abiti femminili includevano cravatte in diverse forme e decorazioni, sciarpe decorate con temi dinamici, cappelli e copricapi di ogni foggia e dimensione, borse trasformabili, camicette ed maglioni dalle forme dinamiche e forti combinazioni cromatiche.
I completi maschili erano per lo più dai colori scuri, ma sdrammatizzati da sgargiantissimi gilet, cravatte in metallo e lampadine e dai motivi astratti, giacche da sera con maniche differenti (una quadrata e l'altra tonda), cappelli asimmetrici con colori aggressivi, scarpe portate spaiate sia nel colore che nel modello, e una gran quantità di accessori intercambiabili per cambiare ogni volta la stessa struttura dell'abito.
Durante questi anni venne inventato anche uno nuovo capo d'abbigliamento molto innovativo e comodo, soprattutto per il lavoro industriale: la tuta. Le tute di Ernesto Thayaht (il suo inventore) erano di tipologia semplice, destinate a donne e uomini, e fatte con stoffe semplici e tagli rettilinei. L'intento di Thayaht era quello di dare un vestito decoroso alla grigia folla, cercando di soppiantare lo scomodo e costoso abito "di moda". Col tempo poi le tute divennero arcobaleniche, a coni e losanghe ritagliate e unite in stoffe diversissime le une dalle altre. L'articolo ebbe un così grande successo che a Firenze vi fu un vero e proprio movimento dei "turisti", ma il suo impiego maggiore fu tra gli operai, per i quali fu creato un modello ancora più semplice e poco ingombrante.
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