"A tarda sera andiam,
senza troppo chic,
nel vicin sobborgo,
dove in un tabarin
ci troviamo insieme
con gli Apaches più noti"
(da "la Java" di A.Willemetz e J.Charles - 1922)
Gli Apache di cui si tratta, nulla hanno a che vedere con l'omonima tribù amerindia, questi descritti, infatti, costituiscono una spavalda e ribelle subcultura che ha popolato le strade parigine dalla fine dell'800 agli anni '20 del Novecento. In quel periodo iniziò ad andare di moda il tema della conquista del West, dei cowboy e degli indiani, proposto in romanzi e spettacoli teatrali ed itineranti; fu così che i giornalisti, volendo definire i giovani teppisti di strada, non trovarono altro termine più adeguato che "Apache", rifacendosi alle audaci e violente imprese di resistenza armata che le tribù indiane fecero contro la civiltà dell'uomo bianco.
Gli Apache della Senna, erano giovani, selvaggi e degenerati, estranei al progetto di una società industriale e al mondo borghese, erano nemici della civiltà che amavano farsi notare e spiccare nella folla.
Al contrario di come venivano descritti dalla stampa francese, che li voleva sporchi, tenebrosi e trasandati, essi avevano una gran cura del proprio aspetto fisico e una particolare attenzione all'abbigliamento. Fanno molta ginnastica, sono ben curati, sbarbati e portano i capelli lunghi davanti e rasati alla nuca, impomatati e luccicanti. Si truccano gli occhi con la matita nera, con la quale si dipingono anche finti nei sulle guance, e sono soliti tatuarsi il dorso delle mani con cuori fiammeggianti o stelle. In testa indossano un berretto, tipo coppola o cappello da marinaio, con un'ampia visiera di vernice lucida, portato "alla malandrina". Indossano magliette attillate con disegni a righe orizzontali, infilate dentro i pantaloni che possono essere o larghi in vita e stretti sul fondo oppure stretti in vita e a zampa di elefante. Non portano cinture in pelle, ma sciarpe di flanella rossa o blu che vengono legate in vita lasciando penzolare le estremità sul fianco, e indossano giacche in tela grezza o velluto con tasche capienti, utili per riporre i loro vari armamentari (tirapugni, spadini, punteruoli, revolver...). L'abbigliamento è completato da bracciali di cuoio per proteggere i polsi, e scarpe in pelle nera o gialla sempre tenute a lucido e ben curate.
Al tempo a Parigi esistevano diverse bande di quartiere di Apache diversificate tra loro dallo slang, i tatuaggi e accessori sartoriali. Era gente che aveva l'arroganza di considerarsi padrona di se stessa, rifiutavano il lavoro salariato e si sostentavano tramite lo sfruttamento della prostituzione, nonostante fossero ragazzi giovanissimi; erano ladri e truffatori che si cimentavano in agguati ben studiati per derubare i passanti.
Il movimento era esteso anche alle ragazze che venivano definite "amazzoni urbane" per la loro insolenza e non sottomissione all'autorità paterna. Portavano capelli impomatati e ondulati, un nastro al collo e abiti succinti e attillati, sulle spalle scialli colorati ed in vita corti grembiulini a fiori.
Spesso era facile incontrare ragazze apache con ecchimosi ed ematomi che potevano segnalare o gli aspri rapporti con il partner, o segni dovuti allo stile di ballo "apache" che avevano adottato: una sorta di valzer sadomasochistico che testimonia la lotta tra i sessi in cui l'uomo (il protettore) ama e maltratta la sua donna (la prostituta).
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