(Melanie Takahashi - "Rave Culture and Religion")
Verso la metà degli anni '80 del 1900 alcuni dj, in un locale di Chicago, iniziarono a pasticciare con i sintetizzatori detournando la disco music e dando vita ad un nuovo tipo di musica che nel giro di pochissimo tempo approderà anche in Europa, l'acid house, il sound perfetto per la sottocultura che di li a poco, si sarebbe diffusa a partire dalle strade britanniche: i Ravers.
I ravers sono i frequentatori dei rave parties, feste notturne non autorizzate ed organizzate appositamente per ballare follemente fino all'alba, senza mai fermarsi, facendo spesso uso di alcol e sostanze stupefacenti ed allucinogene.
L'abbigliamento dei ravers attingeva ad un'estetica hippy anni '70 intrisa di psychedelia, ispirata dai primissimi rave comparsi ad Ibiza qualche anno prima, e di colori fluo e acidi, adatti ad essere visibili nel buio dei club ed a interagire con l'impianto luci. Vestiti in maniera improbabile e come cartoni animati, i ravers indossavano abiti ampi per far traspirare la pelle, jeans a zampa d'elefante o pantaloni over-size abbinati a t-shirt con disegni di Smile, stampe irriverenti, araldiche nipponico bambinesche o tinte tye-dyee; tute da operai stradali o aeroportuali, capi in tessuti fluorescenti o riflettenti, felpe con cappuccio, guanti gialli o bianchi, scaldamuscoli per braccia e gambe, e scarpe da tennis. Si adornavano di accessori di ogni genere, dalle cinture catariftangenti all'uso di carta d'alluminio, dai cappelli da baseball o da gnomo a parrucche colorate o antenne da alieno; e poi ciucci, campanelli, fischietti, oggettistica luminosa, bandane e occhiali scuri ecc. il tutto per essere il più eccentrici e visibili possibile in feste piene di gente, organizzate e divulgate nel giro di una manciata di ore.
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