martedì 5 luglio 2016

PANINARI

"Non me ne sdruga uno sdrigolozzo, anzi una mangozza".
(dalla rivista "Il Paninaro" gergo tipico)


La più famosa sottocultura nata in Italia negli anni '80, è quella dei Paninari.
Il termine faceva riferimento al nome del bar "Il Panino" di Milano intorno al quale erano soliti incontrarsi i primi pionieri di questa moda, che amavano mangiare panini nei fast food, privilegiare una vita edonistica e commerciale tendente alla giovinezza, al divertimento, alla discoteca e alla moda firmata. I paninari, autodefinitisi "Galli di Dio", erano figli della buona borghesia che frequentavano le prestigiose scuole private della 'Milano da Bere' di quegli anni, in pieno boom economico; venivano considerati il prodotto del Riflusso, difensori accaniti dello 'status quo' e apolitici che, vantandosi della propria superficialità, detestavano gli studenti di sinistra, i punk ed i metallari, e sbeffeggiavano i poveri, i truzzi ed i ragazzi di periferia che non potevano permettersi il loro tenore di vita.
Dal punto di vista dello stile amavano esibire un look casual e classista che sottolineava l'esclusività di chi lo indossava ed era composto da un abbigliamento firmato, multicolore e lussuoso sfoggiato secondo un'italianità quasi stereotipata fatta di precisi marchi d'abbigliamento, vero motivo di vanto del gruppo.
Il Paninaro tipo indossava maglioni Les Copains legati sulle spalle sopra magliette Lacoste o Mistral, e pantaloni o jeans Levi's 501 arrotolati alla caviglia; piumini imbottiti e colorati Moncler, giubbetti di pelle Schott o cerata Henry Lloyd. Portavano scarpe da boscaiolo in pelle chiara (le famosissime Timberland) o le Vans, occhiali da sole Ray-Ban, cinture El Charro con enormi fibbie, e calzettoni Burlington a quadri. Portavano i capelli tagliati a spazzola e/o pieni di gel, sopra un'abbronzatura a raggi UVA o naturale, presa durante le villeggiature nelle seconde case di Montecarlo, Cortina, Forte dei Marmi, Santa Margherita.
Le ragazze, che coltivavano l'immaturità come un bene prezioso, venivano chimate 'Sfitizie' o 'Squinze', e portavano maglioni con spalline imbottite e felpe Best Company sopra fuseaux fluorescenti o pantaloni con toppe e paperette disegnate; camicette e borse bambinesche Naj-Oleary, fermagli in legno della Dodo e capelli arricciati con la permanente. Amavano l'effetto abbronzatura e si truccavano pesantemente con le terre indiane e polveri oleose che rendevano il viso color carota.
I loro marchi favoriti, alcuni dei quali già citati, erano Naj-Oleari, Fiorucci, Stone Island, Best Company, CP Company, Moncler, Ciesse, Henry Lloyd, Marina Yachting, Les Copains, Superga, Vans, Timberland, Rifle, Levis, Armani ecc. Anche per gli spostamenti in città, non esitavano a sfoggiare il loro benessere e attenzione per l'ultima moda, a cavallo di Vespe, Lambrette Zundapp o Garelli, con alle spalle gli immancabili, vivaci e coloratissimi, zainetti, rigorosamente, Invicta.
A differenza di molte sottoculture chiuse in se stesse, la diffusione del movimento del paninaro non fu affatto limitata o contrastata, ma seguitissima dai media tanto da ispirare il singolo musicale dei "Pet Shop Boys" 'Paninaro', trasmissioni televisive satiriche come 'Drive In', e l'uscita di riviste apposite quali 'Paninaro', 'Wild Boys' e 'Preppy', dove era inoltre possibile apprendere lo slang paninaro composto di numerosi quanto ridicoli intercalari di voci semplificate ed anglizzate.


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