mercoledì 1 giugno 2016

HIP-HOP & BREAKDANCE

"To the hip hop, hip hop, don't stop that body rock".
(Starski)


L'America degli anni '80 ha dato vita ad una delle sottoculture giovanili più diffuse che affonda le sue radici nei ghetti neri di New York, soprattutto nel Bronx, e che si era organizzata attorno alle nuove forme di arte, come l'areosol-art, la musica rap e la breakdance. In quegli anni New York non era certo al suo massimo splendore, sull'orlo della banca rotta stava attraversando uno dei periodi più cupi e violenti della sua storia, da una urbanistica decadente a servizi assistenziali inesistenti, al prosperare di gang e omicidi in serie, ed alla delocalizzazione delle fabbriche; ma in questa situazione di malcontento generale c'era anche chi non si rassegnava, escogitando contromosse per non cedere alla disperazione e riuscire ad affermare la propria identità. Armati di pennarelli 'Magic Marker' a punta grossa e bomboletta di vernice spray, i ragazzini del Bronx iniziano a tappezzare muri, camion, monumenti, saracinesche di negozi e vagoni della metropolitana di disegni e scritte, lanciando una simbolica guerra alla conquista della città, che porterà da azioni singole a vere e proprie gang creative da cui si verrà sviluppando tutta la sottocultura Hip-Hop.
Fautori della musica rap e della breakdance, i b-boys e le flygirls (termini con cui si chiamavano ballerini e ballerine), per agevolare i loro movimenti erano soliti indossare un abbigliamento comodo e si aggiravano per le strade della città muniti delle tipiche 'ghettoblaster', ingombrantissime radiostereo portatili decorate di graffiti, che inondavano le strade della loro amata musica.
Sono stati i primi ad esibire un tipo di outfit che avrà un largo seguito nel panorama globale e che detterà parte della buona sorte di importanti griffe sportive; portavano tute da ginnastica in nylon lucido e larghi pantaloni in tela, abbinati a t-shirt over size o magliette e top aderenti, scarpe da basket con stringhe voluminose, berretti in lana, bandane e cappelli da camionista per proteggere la testa durante le esibizioni break, guanti da ciclista senza dita, occhiali da sci per darsi un tono ed una moltitudine di pesanti gioielli in oro fatti di catene e simboli del dollaro. Col tempo poi, il look originario che rifletteva l'amore per l'attività fisica e la comodità per ballare, lascerà spazio alla ricerca di un aspetto più leccato e "da podio" rincorrendo sempre più spesso a griffe già note di abbigliamento sportivo e successivamente poi, nel corso degli anni '90, si assistirà ad una netta perdita del senso delle proporzioni, con capi sportwear ancor più esageratamente larghi e braghe calate all'altezza del bacino.


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