(dalla rivista "Il Paninaro" gergo tipico)
La più famosa sottocultura nata in Italia negli anni '80, è quella dei Paninari.
Il termine faceva riferimento al nome del bar "Il Panino" di Milano intorno al quale erano soliti incontrarsi i primi pionieri di questa moda, che amavano mangiare panini nei fast food, privilegiare una vita edonistica e commerciale tendente alla giovinezza, al divertimento, alla discoteca e alla moda firmata. I paninari, autodefinitisi "Galli di Dio", erano figli della buona borghesia che frequentavano le prestigiose scuole private della 'Milano da Bere' di quegli anni, in pieno boom economico; venivano considerati il prodotto del Riflusso, difensori accaniti dello 'status quo' e apolitici che, vantandosi della propria superficialità, detestavano gli studenti di sinistra, i punk ed i metallari, e sbeffeggiavano i poveri, i truzzi ed i ragazzi di periferia che non potevano permettersi il loro tenore di vita.
Dal punto di vista dello stile amavano esibire un look casual e classista che sottolineava l'esclusività di chi lo indossava ed era composto da un abbigliamento firmato, multicolore e lussuoso sfoggiato secondo un'italianità quasi stereotipata fatta di precisi marchi d'abbigliamento, vero motivo di vanto del gruppo.
Il Paninaro tipo indossava maglioni Les Copains legati sulle spalle sopra magliette Lacoste o Mistral, e pantaloni o jeans Levi's 501 arrotolati alla caviglia; piumini imbottiti e colorati Moncler, giubbetti di pelle Schott o cerata Henry Lloyd. Portavano scarpe da boscaiolo in pelle chiara (le famosissime Timberland) o le Vans, occhiali da sole Ray-Ban, cinture El Charro con enormi fibbie, e calzettoni Burlington a quadri. Portavano i capelli tagliati a spazzola e/o pieni di gel, sopra un'abbronzatura a raggi UVA o naturale, presa durante le villeggiature nelle seconde case di Montecarlo, Cortina, Forte dei Marmi, Santa Margherita.
Le ragazze, che coltivavano l'immaturità come un bene prezioso, venivano chimate 'Sfitizie' o 'Squinze', e portavano maglioni con spalline imbottite e felpe Best Company sopra fuseaux fluorescenti o pantaloni con toppe e paperette disegnate; camicette e borse bambinesche Naj-Oleary, fermagli in legno della Dodo e capelli arricciati con la permanente. Amavano l'effetto abbronzatura e si truccavano pesantemente con le terre indiane e polveri oleose che rendevano il viso color carota.
I loro marchi favoriti, alcuni dei quali già citati, erano Naj-Oleari, Fiorucci, Stone Island, Best Company, CP Company, Moncler, Ciesse, Henry Lloyd, Marina Yachting, Les Copains, Superga, Vans, Timberland, Rifle, Levis, Armani ecc. Anche per gli spostamenti in città, non esitavano a sfoggiare il loro benessere e attenzione per l'ultima moda, a cavallo di Vespe, Lambrette Zundapp o Garelli, con alle spalle gli immancabili, vivaci e coloratissimi, zainetti, rigorosamente, Invicta.
A differenza di molte sottoculture chiuse in se stesse, la diffusione del movimento del paninaro non fu affatto limitata o contrastata, ma seguitissima dai media tanto da ispirare il singolo musicale dei "Pet Shop Boys" 'Paninaro', trasmissioni televisive satiriche come 'Drive In', e l'uscita di riviste apposite quali 'Paninaro', 'Wild Boys' e 'Preppy', dove era inoltre possibile apprendere lo slang paninaro composto di numerosi quanto ridicoli intercalari di voci semplificate ed anglizzate.
Il Paninaro tipo indossava maglioni Les Copains legati sulle spalle sopra magliette Lacoste o Mistral, e pantaloni o jeans Levi's 501 arrotolati alla caviglia; piumini imbottiti e colorati Moncler, giubbetti di pelle Schott o cerata Henry Lloyd. Portavano scarpe da boscaiolo in pelle chiara (le famosissime Timberland) o le Vans, occhiali da sole Ray-Ban, cinture El Charro con enormi fibbie, e calzettoni Burlington a quadri. Portavano i capelli tagliati a spazzola e/o pieni di gel, sopra un'abbronzatura a raggi UVA o naturale, presa durante le villeggiature nelle seconde case di Montecarlo, Cortina, Forte dei Marmi, Santa Margherita.
Le ragazze, che coltivavano l'immaturità come un bene prezioso, venivano chimate 'Sfitizie' o 'Squinze', e portavano maglioni con spalline imbottite e felpe Best Company sopra fuseaux fluorescenti o pantaloni con toppe e paperette disegnate; camicette e borse bambinesche Naj-Oleary, fermagli in legno della Dodo e capelli arricciati con la permanente. Amavano l'effetto abbronzatura e si truccavano pesantemente con le terre indiane e polveri oleose che rendevano il viso color carota.
I loro marchi favoriti, alcuni dei quali già citati, erano Naj-Oleari, Fiorucci, Stone Island, Best Company, CP Company, Moncler, Ciesse, Henry Lloyd, Marina Yachting, Les Copains, Superga, Vans, Timberland, Rifle, Levis, Armani ecc. Anche per gli spostamenti in città, non esitavano a sfoggiare il loro benessere e attenzione per l'ultima moda, a cavallo di Vespe, Lambrette Zundapp o Garelli, con alle spalle gli immancabili, vivaci e coloratissimi, zainetti, rigorosamente, Invicta.
A differenza di molte sottoculture chiuse in se stesse, la diffusione del movimento del paninaro non fu affatto limitata o contrastata, ma seguitissima dai media tanto da ispirare il singolo musicale dei "Pet Shop Boys" 'Paninaro', trasmissioni televisive satiriche come 'Drive In', e l'uscita di riviste apposite quali 'Paninaro', 'Wild Boys' e 'Preppy', dove era inoltre possibile apprendere lo slang paninaro composto di numerosi quanto ridicoli intercalari di voci semplificate ed anglizzate.
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