martedì 30 settembre 2014

MACURO, il set Munablom

"Nei ciuffi smeraldo, fiorisce il rosso, poi, l'azzurro e il bianco; 
come zaffiro, perla e splendido ricamo."
(W. Shakespeare)






 Set composto da zaino, borsa e due astucci in tela di cotone rosso stampato e denim nero.


MACURO 01:
Astuccio in cotone stampato rosso, chiuso tramite cerniera lampo e laccetto in nastrino rosso.
Dimensioni: 10x16,5.

Macuro 01


MACURO 02:
Astuccio in cotone stampato rosso, chiuso tramite cerniera lampo e laccetto in nastrino rosso.
Dimensioni: 10x10,5.

Macuro 02


 MACURO 03:
Borsa in cotone rosso stampato con taschina sul davanti chiusa tramite velcro e finto bottone in madreperla. Toppa e tracolla in denim nero, fodera interna nera, chiusura tramite cerniera lampo in plastica nera con tiretto in nastro rosso.
Dimensioni: 30x16x8.





Macuro 03



MACURO 04:
Zainetto in cotone rosso stampato con taschine sul davanti chiuse tramite velcro. Toppe e spallacci in denim nero, fodera interna nera, chiusura con cordoncino rosso e automatico; finti bottoni in madreperla.
Dimensioni: 38x27x13.

Macuro 04










giovedì 25 settembre 2014

ESISTENZIALISTI

"Mai nella storia petardi così piccoli hanno fatto rumore.
Grazie alla cassa di risonanza della stampa sono diventati bombe".
(Jean Cau)






Siamo negli anni '50 e Parigi è una città magica in cui i cittadini cercano di riappropriarsi della propria gioventù ed interessi che la guerra gli aveva sottratto; si ritrovano frequentemente nel quartiere di Saint Germain des Prés, una sorta di villaggio dentro la città, culturalmente autonomo e pieno di intellettuali, poeti, jazzisti, fotografi, laboratori artigianali, librerie, café, bresserie, teatri ecc.
Questi cittadini, per la maggior parte adolescenti, sono gli esistenzialisti, ragazzi nervosi che vogliono trovare la risposta ai problemi del mondo, attraverso la cultura e rifiutando il consumismo, il potere ed il denaro. Si affidano, pur non studiandoli a fondo, a scrittori come Sartre, Kierkegaard, Heidegger, sono affamati ci cultura, letteratura, musica, poesia e arte, che studiano al di fuori dei contesti classici, per strada, nei caffè e nei circoli.
Vivono con poco, in alberghi poveri e mangiando quello che riescono a procurarsi in café e bistrot; sono annoiati e disprezzano tutto, riempiendosi la bocca di parole come nausea, angoscia, depressione, ritengono la vita inutile ed assurda e, non avendo fiducia sul futuro, vivono alla giornata, senza desideri, sogni, aspettative, obiettivi, ma si sentono comunque responsabili nei confronti dell'umanità.
Dal punto di vista stilistico, è la prima subcultura giovanile che non si pone problemi sul vestire, sono soliti utilizzare abiti usati (come i libri che leggono) c che si scambiano tra di loro. I ragazzi portano giacconi da marinaio, maglioni a collo alto, camicie a scacchi, pantaloni militari con risvolto sul fondo e girano scalzi o con sandali da frate o scarpe da tennis in tela e senza calzini; hanno i capelli lunghi e spettinati e la barba tenuta all'Abramo Lincoln. Le ragazze, pallide, con capelli lunghi, frangetta cortissima e occhi pesantemente truccati di nero, vestono con maglioni oversize, da uomo, sformati e rovinati, camicie maschili e pantaloni alla pescatora, rigorosamente neri, e girano anch'esse scalze o con sandali o scarpe di tela. La sigaretta portata spenzoloni dalle labbra e l'aria triste e stanca sono loro "marchi di fabbrica".
Tra gli esistenzialisti  più noti, si ricordano Guiette Grecó, Georges Brassens, Jean Paul Sartre.



mercoledì 24 settembre 2014

ROCKER

"Il rock è così buono con me. Il rock è il mio bambino, è mio nonno."
(Chuck Berry)





I Rocker sono una subcultura giovanile nata in Inghilterra negli anni '50-'60 del 1900 come antagonisti dei mods, con i quali si azzuffavano spesso. Erano motociclisti britannici amanti dell'aggressività e della velocità, a favore di un look duro, cupo e decisamente mascolino, ad imitazione di Marlon Brando ne "Il selvaggio", nonostante il fatto che in Inghilterra il film venne trasmesso con 15 anni di ritardo.
Il nome venne coniato dai mods come accezione negativa in associazione al rock'n'roll, musica antiquata e volgare per loro amanti della modernità, ma ad essi piacque così tanto da volerlo adottare, trasformando così l'offesa in un complimento.
I rocker erano soliti possedere una motocicletta truccata, adatta alle corse, con la quale percorrevano chilometri e chilometri di strada per andare da un bar all'altro e riunirsi in gruppo a trascorrere il tempo, abitudine che li rendeva poco amati dalla società, soprattutto per le risse che scoppiavano con i mods.
Il loro abbigliamento consisteva dapprima in un misto di abiti militari, per la loro praticità, per poi comprendere jeans o pantaloni di cuoio, stivali da motociclista o scarpe in pelle appuntite, giubbotti da aviatore o giubbini in pelle, arricchiti da borchie, strass, spille o toppe, berretto in cuoio, detto Kagney, con la visiera, come quello di Brando e, durante le corse casco aperto sul davanti, scirpa bianca e occhiali da aviatore. I capelli venivano acconciati in stile Pompadour e tenuti alti con la brillantina.








martedì 23 settembre 2014

O

OBI: Fusciacca larga circa una quarantina di centimetri e lunga quasi due metri, realizzata in broccato di seta e usata nell'abbigliamento tradizionale giapponese, da legare attorno alla vita con un largo fiocco dietro la schiena. Venne introdotta nella moda occidentale dagli stilisti giapponesi negli anni '80. Per le Geishe la scelta dell'obi è fondamentale e va in contrasto con il colore del kimono; viene inoltre indossato con ulteriori componenti (Obi-ita e Obi-makura) per rendere l'effetto finale più maestoso.

OBIAGE e OBIJIME: Sciarpa di seta leggera ed impalpabile che viene usata per coprire l'Obi-makura (cuscinetto inserito nell'obi per dare volume al fiocco taiko), annodata sul davanti e infilata tra l'obi ed il seno. A coprire il nodo vi è l'Obidome, unica decorazione-gioiello che viene indossata sul Kimono.

OCCHIALI: Montatura contenente una coppia di lenti o dischi di vetro o altro materiale trasparente, da porsi davanti agli occhi per correggere problemi o difetti di vista. Apparvero per la prima volta nel 1200, da un inventore ignoto, ed erano di forma tonda con montatura di cuoio per poi subire diverse modifiche a seconda della moda e del loro specifico uso: da sera, da giorno, da teatro, da scrivania ecc.

OCCHIALI DA SOLE: Montatura con lenti colorate, studiate appositamente per proteggere gli occhi dai raggi solari. Le lenti colorate furono realizzate sin dal 1885, ma cominciarono a diffondersi solo verso gli anni '30 del novecento quando le stelle di Hollywood resero popolari gli occhiali con le lenti scure.

OCCHIELLATRICE: Macchina a ciclo automatico che esegue uno speciale punto zig-zag a catenella a due fili, inserendo contemporaneamente un cordoncino nella parte inferiore del tessuto per dare rilievo all'occhiello e rinforzarlo. Viene impiegata per la confezione di occhielli nelle giacche, cappotti, camicie, e può effettuare diversi tipi di occhielli, a seconda del capo e del peso del tessuto.

OCCHIELLO: Sinonimo di asola ma che normalmente indica l'asola nei revers di giacche e capispalla.

OCCHIO DI PERNICE: Disegno di stoffa realizzato in tela con alternanza di fili chiari a fili scuri. Il risultato è una stoffa a fondo scuro disseminato di piccoli puntini chiari, simili all'occhio della pernice. Questo tipo di tessuto, viene usato per abiti completi maschili.

OCELOT: Chiamato anche Gatopardo Americano, è un felino dell'America Centrale il cui pelo maculato color castano rossiccio a strisce sui fianchi, è molto pregiato.

OKOBO: Sandali tradizionali Giapponesi indossati dalle Maiko. Come i Geta, hanno la suola in legno rialzata, costituita da un unico blocco di legno scolpito, simile ad una zeppa, naturale o laccata nera, e stringhe, rosse o gialle, a forma di Y a formare l'infradito. Chiamati anche Pokkuri o Koppori, talvolta sono indossati pure da giovani ragazze non appartenenti al mondo delle Geishe.

OLANDA: Tela di lino proveniente dall'Olanda.

OILED: Si dice di un capo generalmente per lo sport o attività lavorative all'aperto, che viene cosparso di una sostanza oleosa, di solito paraffina, per renderlo impermeabile.

OLEOREPELLENZA: Proprietà di un tessuto di non adesività, ottenuta spalmando sul tessile certi polimeri clorurati che trasferiscono ad esso il carattere di oleorepellenza. Se al contempo il tessuto è idrorepellente, avrà così acquistato la capacità di respingere ogni tipo di sudiciume, divenendo così antimacchia.

OLD FASHION: Indica uno stile vecchio, antiquato ma che mantiene il suo fascino.

OLD SCHOOL: Sottocultura del nuovo millennio che guarda al passato cercandovi un'ispirazione, idee da attualizzare, reinventare, riproporre. Solitamente è orientata verso gli stili dell'hip-hop e del rap dei primi anni '80, reinterpretando quella tendenza di t-shirt e jeans oversize, cappellini da baseball portati al contrario, scarpe da tennis in tela e gioielli d'oro, abbinandole agli ultimi modelli proposti dal mercato.

OLIMPIA: Tessuto nel quale la catena è di raion viscosa e la trama di raion acetato.

OLONA: Tela assai forte ma rozza e pesante, per tende, sacchi, vele e zaini. Il nome deriva dal fatto che veniva fabbricata originariamente in uno stabilimento sulle rive del fiume Olona, che attraversa Milano.

OMESHI: Tecnica di intreccio giapponese, a fili precolorati, la cui seta ottenuta presenta una trama spessa e di buona qualità.

OMBRÈ: Termine francese che indica un tessuto o un filato tinto in più gradazioni dello stesso colore, da chiaro a scuro e viceversa, in una sequenza ricorrente, in modo da creare così effetti a righe e motivi astratti.

OMBRELLO: Dal latino umbra, ombra. E' un accessorio usato per ripararsi da sole o pioggia, costituito da un manico alla cui sommità sono inserite numerose stecche a raggiera, ricoperte di tessuto. In uso già in epoca Romana come accessorio del vestire femminile, per secoli è stato un accessorio molto comune, utilizzato anche in sostituzione al bastone da passeggio, e veniva molto adoperato durante la Belle Époque per difendersi dal sole. Oggi è usato esclusivamente per ripararsi dalla pioggia.

ONCIA: Unità di misura adottata in molti paesi prima dell'entrata in vigore del sistema internazionale di unità di misura in grammi. Un'oncia corrisponde a 30 g.

ONDÉ: Filato fantasia con effetto onda, ricavato per ritorcitura.

ONDULATO: Tessuto realizzato con la trama in lana e l’ordito in cotone attribuendo una foggia come le onde del mare. Questo tessuto viene generalmente utilizzato per la realizzazione di capi di abbigliamento femminili.

OPACIZZAZIONE: Finitura che riguarda solo le fibre chimiche quando si vogliono spegnere certi stralucidi di aspetto metallico e si desidera una superficie più opaca e diffondente. Fenomeno che si verifica per la viscosa, il poliestere e l'acetato. Si ottiene prima della filatura chimica con l'aggiunta di speciali opacizzanti che vengono incorporati all'interno del filo stesso, spegnendone i riflessi di luce.

OPALBA: Fiocco di raion e cellulosa.

OPALEGGIANTE: Che ha le iridescenze dell'Opale nobile.

OPALINA: Leggera stoffa di cotone diafana e un po' azzurrina alla trasparenza, come l'opale.

OPALINO: Di colore simile all'Opale, con riflessi iridescenti.

OPERATO: Tessuto a disegni non stampati ma ottenuti con intreccio di fili di diverso colore. Termine usato anche genericamente per indicare tutti i disegni realizzati con macchina a jacquard.

OPINION LEADER: Persona di rilievo che, in ambito moda, ha la capacità di influenzare gli altri con le proprie scelte.

OPOSSUM: Marsupiale australiano e americano il cui pelo lungo e setoso di color grigio chiaro tendente al bianco, è molto usata in pellicceria.

OPTICAL: Termine Anglosassone che indica quei tessuti stampati che determinano un effetto ottico tridimensionale e di movimento realizzati generalmente in bianco e nero. Il termine deriva da "Op Art", o "Arte Ottica", una forma artistica d'avanguardia di origine americana basata sugli effetti geometrici e sugli accostamenti cromatici contrastanti.

OPUS: Antico termine indicante in linea generale un manufatto a ricamo, a cui venivano poi affiancati altri termini indicanti tipologia, tecniche di lavorazione, luogo di realizzazione e materiale usato per la realizzazione; alcuni di questi aggettivi sono cyprense, anglicanum, romanum, theotonicum, pulvinarium, florentinum ecc.

ORBACE: Tessuto sardo di lana, dal filato irregolare ma resistente ed impermeabile che veniva usato per i tradizionale costumi e per uniformi militari. Nel periodo fascista fu adottato per le giacche della divisa e passò così a indicare la divisa stessa, divenendo uno degli emblemi del ventennio mussoliniano.

ORDITO: L'insieme verticale dei fili che vengono fissati al telaio e su cui si forma il tessuto tramite il successivo passaggio e intreccio dei fili orizzontali della trama. Viene anche chiamato Catena.

ORDITURA: Operazione di tessitura indispensabile per tutti i fili destinati alla lavorazione su telai per maglieria in catena. Le rocche con il filato che andrà a formare l'ordito, vengono sistemate sulle cantre che ne possono accogliere fino a 500.

ORECCHINI: Monili che si portano come ornamento alle orecchie e che risalgono ai tempi più antichi. Possono essere fissati ai lobi attraverso un buco o tramite clips o mollette apposite.

ORGANDIS: Termine francese che indica un tessuto simile al velo, fabbricato in origine con filo organzino di seta. Attualmente viene fatto con fili di cotone, raion e fibre sintetiche, è molto trasparente e viene reso rigido con apprettatura.

ORGANZA: Tessuto simile all'organzino, ma fabbricato con filo organzino solo nell'ordito, mentre la trama può anche essere di fioretto pettinato e cardato, o anche in shantung.

ORGANZINO: Nome della città di Urgenc', nel Turchestan, che indica un filato di seta a più capi fortemente ritorti assieme con tensione contraria, e perciò molto robusto e scattante. Con tale termine viene anche chiamato il tessuto fatto con questo tipo di filato o con filati più resistenti.

ORIMONO: Termine giapponese che indica i tessuti la cui decorazione è ottenuta tramite tessitura anziché tintura; si tratta quindi di tessuti meno formali con cui vengono realizzati kimono di minor pregio. Si decorano con tessitura i tessuti meno preziosi della seta come lana, canapa e lino, ma talvolta anche seta meno pregiata ad esempio la seta omeshi. 

ORLÉANS: Tessuto robusto e lucidissimo fabbricato con ordito di cotone e trama di mohair o lana, usato come fodera o per la realizzazione di giacche estive.

ORLATURA: Striscia di tessuto o altro con la quale si orla un abito, una gonna o altro.

ORLO: Lembo estremo di un capo di abbigliamento che può essere rifinito in vari modi.

ORLON: Fibra acrilica, e quindi sintetica, che iniziò ad essere prodotta durante la seconda guerra mondiale e che è divenuta componente comune di molti tessuti di maglieria in sostituzione alla lana, usata come fiocco; se usata a bava continua viene impiegata per produzioni di tipo serico. Ha un elevato grado di coibenza dovuto alla proprietà di trattenere l'aria nella rugosità di superficie esterna.

ORMESSINO: Tessuto di seta, leggero e pregevole, giunto per la prima volta dalla città di Ormus, da cui è derivato il nome. Viene anche chiamato Ermesino.

OROLOGIO: Apparecchio misuratore del tempo, capace di segnare le ore e le frazioni di ora, costituito solitamente da un meccanismo che fa ruotare delle lancette su un quadrante graduato; ve ne sono anche solari (meridiana), a sabbia (clessidra), a ruote, a terre, a pendolo, a scatto, ecc. Se ne attribuisce l'invenzione ad un antico greco, intorno al '500 a.C. Nel corso dei secoli ha subito le più svariate trasformazioni e modifiche, passando da un prezioso ornamento con casse d'oro ornate di gemme preziose, ad n semplice strumento sportivo, o accessorio necessario per tutti.

ORSETTO: Calda pelliccia in mohair realizzata in un filo per maglieria composto da 90% di kid mohair e 10% di fibra poliammidica.

ORSO: Mammifero della famiglia degli ursidi, molto diffuso in tutto il mondo, anche se con caratteristiche differenti da una zona all'altra, come l'orso bruno dal manto scuro, il grizzly o orso grigio, l'orso polare dal manto bianco, l'orso d'Alaska o Kodiak, l'orsetto lavatore o procione la cui pelliccia viene spesso negoziata come "marmotta canadese".

ORTICA: Pianta dalla quale si può estrarre una fibra tessile simile alla canapa e al lino.

OSSO: Osso animale usato per creare bottoni, fibbie, cerniere, accessori ed ornamenti vari che viene generalmente usato ad imitazione dell'avorio.

OTARIA ORSINA: Mammifero pinnipede dalle notevoli dimensioni che vive nei mari glaciali dell'emisfero australe, dal mantello lucente, morbido e pregiato, dal colore grigio sfumato nero. La sua pelliccia viene speso commercializzata con il nome  di "Lontra Alaska".

OTTOMAN: Tessuto di peso medio, con coste orizzontali di vario spessore e nettamente marcate; usato in lana e nell'abbigliamento femminile per abiti da sera o cerimonia.

OVATTA: Materiale usato in sartoria per imbottire, simile al feltro,  ottenuto da fibre corte di cotone o cascami e da fibre sintetiche.

OVERCHECK: Disegno di tessuto a quadri con riga non grossa, in contrasto di colore con altri disegni di fondo. Lo si può ritrovare in alcuni tweed o pettinati di lana per giacche sportive, oppure nel principe di Galles grigio chiaro con overcheck celestino o rosso ruggine.

OVERCOAT: Soprabito piuttosto leggero.

OVERSET: Termine Anglosassone che indica un completo composto da maglione e giacca, con tinte differenti, ma da accostare. Da non confondere con il Twin-set.

OVERSIZE: Termine inglese che definisce capi, di solito casual o sportivi di proporzioni molto ampie e quindi sovradimensionati rispetto alla taglia di chi li indossa.

OXFORD: Nome di una città inglese con cui, in abbigliamento, vengono chiamati particolari disegni, colorazioni, stili o fogge divenuti di moda dopo esser stati adottati da docenti e studenti delle più illustri famiglie britanniche. Con tale nome, in particolare si intende:
1 - Un tipo di tessuto in cotone, solitamente usato per camicie, la cui superficie è formata da piccolissimi rombi o quadrettino che viene tessuto con un filo di trama per ogni due di ordito.
2 - Un tipo di scarpa chiusa, allacciata, di foggia essenziale e lineare, liscia o con una punta riportata, detta anche Derby, dove il gambino parte da dietro per arrivare alla linea di mezzaria e la linguetta è formata dalla tomaia anteriore e sottoposta al gambino. Alla stessa famiglia appartiene la calzatura da noi chiamata Francesina.
3 - Un tipo di pantalone, l'Oxford Bags, lanciato proprio dagli studenti di Oxford negli anni '20. Erano pantaloni molto larghi di gambale ed avevano il risvolto con un orlo largo 50 cm circa.

OYA o OYLA: Tipico merletto turco usato per ornare i bordi di fazzoletti e scialli da portare sul capo o i costumi tradizionali. Realizzato ad ago e/o all'uncinetto, è un tipo di pizzo di piccole dimensioni e molto colorato che rappresenta soggetti che richiamano la natura; se arricchito di perline, prende il nome di Boncuk Oyalari. Lo si trova in uso anche in Grecia e Cipro.

MOD

"Peolpe try to put us down
just because we get around
Things they say do look
awful cold
Talking about my generation
Hope I die before I get old"
("My Generation" - The Who, 1965)






Nella seconda metà degli anni '50, nella zona nord di Londra, si venne a formare una nova sottocultura giovanile, formata da ragazzi della casse lavoratrice ed ebrei appartenenti alla classe media, che erano attratti dello stile italiano, francese e dalla moda proveniente dalla Ivy League delle università americane. In netta contrapposizione ai Teddy Boy, che si ispiravano alla moda Edoardiana del passato, essi cercavano unicamente la modernità, e da qui ecco il nome Mod, da modernist, con cui si identificavano.
I ragazzi portavano i capelli con taglio universitario con scriminatura laterale e frangia portata in avanti, vestivano giacche morbide monopetto, cravatte sottili, pantaloni affusolati e scarpe a punta; polo, blazer, mocassini, giubbini Harrington e jeans Levis' costituivano la loro uniforme informale. Talvolta la loro vanità li porta persino a truccarsi gli occhi con il rimmel e usare il lucidalabbra delle loro ragazze.
Le ragazze, pallide, con gli occhi pieni di mascara e capelli cotonati e laccati, iniziano ad indossare abitini optical bianchi e neri, o la stessa tenuta maschile, impermeabili lucidi di ciré, stivali ed occhiali con montatura bianca e si identificano come "ragazze yé-yé", termine che ha preso spunto dal ritornello di una canzone dei Beatles.
Per entrambi, è quasi d'obbligo possedere un parka, facilmente reperibile tra le eccedenze dell'esercito usa del dopoguerra, da indossare sopra i loro costosi capi firmati per evitare di sgualcirli e rovinarli durante i giri in scooter.
Sono sfrenati, amanti dello shopping, soprattutto abbigliamento e dischi, e della musica, solu, ska e rythm'n'blus, prestando molta attenzione anche a nuovi gruppi e alla musica degli immigrati delle Indie Occidentali, amano il ballo, le discoteche e fanno un gran uso di anfetamine, con cui sconfiggono paure e timidezza e che li aiutano a mantenere il loro movimentato stile di vita. 
La sottocultura Mod contribuì in buona parte a far accettare socialmente l'ossessione per l'abbigliamento e l'individualismo stilistico, distinguendosi, per questo, dalle generazioni precedenti e permettendo ai giovani di vestire come volevano.




lunedì 22 settembre 2014

SURFER

"You'd catch 'em surfin' ad Del Mar
Ventura County line
Santa Cruz and Trestle
Australia's Narrabeen
All over Manhattan
And down Donhey Way
Everybody's gone surfin'
Surfin' U.S.A."
("Surfin' U.S.A." - The Beach Boys)





Nella California degli anni '40-'50, dilaga la passione per il mare, lo sport, la vita all'aria aperta; tra tutti gli sport praticati, è dal surf che nasce una vera e propria sottocultura giovanile, dominata dal desiderio di libertà, dal ritmo mistico della natura, dalla ricerca dell'"onda perfetta" da cavalcare.
Il surf, in realtà nacque circa 3000 anni fa in Polinesia come divertente passatempo chiamato "he'e nalu", ovvero scivolare sulle onde, ma fu solo agli inizi del 1900 che cominciò a diventare famoso, quando il campione olimpico hawaiano Duke Paoa Kahanamoku portò il surf dalle Hawaii alla Caifornia, all'Australia.
Inizialmente le tavole erano fatte in legno ed erano molto lunghe e pesanti (5 mt per 70 kg) , ma grazie agli sviluppi tecnologici, soprattutto quelli avvenuti durante la seconda guerra mondiale, sin dagli anni '40 è stato possibile usufruire di tavole più leggere, robuste e stabili.
L'abbigliamento dei surfisti è povero e inizialmente casuale e molto colorato. Prima dell'avvento della muta, per surfare si usavano i bermuda a vita alta chiusi con i lacci, i quali vennero resi celebri da Kahanamoku, ma si dovranno aspettare i "pantaloncini Makaha", provenienti dal negozio hawaiano M. Nii, per rendere questo capo famoso oltre la cerchia del surf. Visivamente i Surfer si distinguono dai loro coetanei per l'assenza di brillantina in testa, impossibile da gestire in un ambiente marino, e per una capigliatura più naturale e selvaggia, con i capelli bruciati dal sole e portati un po' lunghi. Oltre ai bermuda, e bikini per le ragazze, quelle rare volte in cui indossano capi di vestiario, prediligono camicie hawaiane a fiori, o quelle a scacchi di lana per riscaldarsi una volta usciti dall'acqua, t-shirt coloratissime e jeans tagliati al ginocchio. Sono soliti andare scalzi e l'unica calzatura che adottano sono le Huaraches, sandali fatti con copertoni di auto, di provenienza messicana; collanine e braccialetti artigianali completano l'outfit. Alcuni di essi si sostengono disegnando e vendendo t-shirt, con disegni che rimandano alla Polinesia e all'arte degli hor-rods, e così, ben presto, anche le tavole e i mezzi di trasporto diventano oggetto di decorazioni.
I Surfer vivono a pieno contatto con la natura e quasi ininterrottamente in spiaggia; quando non surfano, sono soliti passare il tempo a scartavetrare ed incerare le tavole, a chiacchierare delle loro imprese davanti a grandi falò in spiaggia, a commettere qualche furtarello e fumare erba; dormono nei garage e stanno alla larga da scuole, lavoro ed istituzioni, sono alla continua ricerca di onde da cavalcare e spiagge dove "alloggiare". Sono mal visti dalla gente comune che li considera dei barboni perché fanno largo uso di alcol e droghe e li vedono come teppisti da spiaggia che infastidiscono i turisti e bagnanti.
I Surfer, come i Beatnik, possono essere considerati i due movimenti da cui trarrà ispirazione la sottocultura Hippie.
Il surf ha riscosso così tanti consensi ed è stato talmente apprezzato come sport, che è da lui che si svilupperanno poi la cultura dello skateboard e dello snowboard.




La mini africana

"Quando la memoria va a raccogliere i rami secchi,
torna con il fascio di legna che preferisce."
(proverbio africano)




Ivoire (dav)

Minigonna a vita alta con balza sul fondo, in kanga africano proveniente dalla Costa d'Avorio.
Allacciatura tramite zip nel dietro.


Ivoire (dt)

TG. 40
Lunghezza: 35 cm
Ivoire 


domenica 21 settembre 2014

PREPPY

"The schools
The clothes,
The cocktails,
The clubes,
rehab, manners,
What we do,
What we eat,
Where we go (and don't),
And most important: what our dog really thinks."
("True Prep" - Lisa Bornbach)




Con il boom dei consumi post bellici tra la fine degli anni '40 e '50, iniziò a divulgarsi la tendenza stilistica di imitare l'abbigliamento delle classi sociali superiori, da parte di quelle inferiori; inevitabilmente, così lo stile maschile degli Stati Uniti, vide un'ampia ispirazione presa dall'abbigliamento degli studenti delle più prestigiose università, che venne poi identificata col termine di "Stile Ivy League" o più semplicemente Preppy.
Tale stile copiava, in sostanza, le uniformi degli studenti delle più facoltose università bianche protestanti della East Coast, come Princeton, Hardvard, Yale e delle "preparatory schools" (da cui il termine Preppy) che preparavano i ragazzi ad accedervi, senza escludere anche influenze provenienti dal nord-est del paese.
I Preppy erano soliti indossare pantaloni di tela, scarpe da barca, mocassini, pullover a rombi con scollo a v, giacche scozzesi, polo piquet, blazer blu, completi larghi e morbidi, camicie Oxford botton down, per mostrare così un look elegante ed informale allo stesso tempo, poco appariscente ma dispendioso, poichè di ottima qualità, che incarnava alla perfezione i privilegi e l'esclusività delle classi più agiate, solite frequentare i country club, lezioni private di golf, gite in yacht e amicizie importanti.
Questo stile fu così particolare e ricercato che se dapprima fu, appunto, oggetto di stereotipi, in seguito, con i cambiamenti dei decenni successivi e l'avvento anticonformista dei figli dei fiori, venne proprio ridicolizzato e snobbato, per poi essere nuovamente imitato, in versione più colorata, verso gli anni '80.
Un esempio di tipica vita e stile preppy bianco e benestante è senza dubbio J. F. Kennedy, con le sue tenute informali e sportive, adatte alla vita all'aperto ma indubbiamente costose.





sabato 20 settembre 2014

TEDDY BOY

"Siamo diversi, siamo dei duri e scopiamo".
(Teddy Boy londinese, 1950)





Nonostante sia uscito vittorioso dal secondo conflitto mondiale, anche il Regno Unito, è costretto ad adottare un clima di austerità, con razionamento di beni alimentari e di consumo, che si protrarrà fino alla prima metà degli anni '50, e che non esclude nemmeno il mondo della moda.
Seppur con difficoltà, la classe nobile Londinese, ridimensiona il proprio stile adattandosi ad un abbigliamento meno pregiato e variegato; ciò però non durerà a lungo, infatti gentiluomini Ufficiali di Sua Maestà, in piena crisi di astinenza di abiti civili eleganti, dopo anni passati in divisa, scoprono presso i circoli omosessuali, uno stile che di li a poco interesserà perfino le classi inferiori. Bombetta, ombrello arrotolato a mo' di bastone da passeggio, soprabiti con collo e polsini in velluto, camicie a righe con colletto bianco, gilet damascati e giacche aderenti: lo stile edoardiano.
Nessuno avrebbe mai pensato che i giovani meno abbienti della zona sud del Tamigi, avrebbero fatto proprio quello stile, volgarizzandolo e mixandolo con gli influssi western e moderni provenienti dagli Stati Uniti: nascono i Teddy Boy, ragazzi ben vestiti e curati, ma di classe inferiore e quindi disapprovati dai ricchi e considerati come teppisti nonostante non fossero tutti rissosi con coltelli in tasca.
Il nome Teddy Boy, o edoardiano, prende spunto dal sovrano Edoardo VII (Teddy è diminuitivo di Edward) che regnò in un periodo assai prosperoso per l'Inghilterra e in cui introdusse leggi sull'eleganza e un tipo di stile adottato dai sudditi delle classi alte: cravatte nere, giacche a tre quarti e pantaloni a tubo.
Lo stile prevedeva giacche a redingote in lana lunghe fino al ginocchio, blu elettrico o rosso acceso con bavero stretto e polsini e copritasche rivestiti di velluto (per i teppisti veri queste giacche erano corredate di tasche nascoste per contenere coltelli, rasoi, manganelli e bottigliette di whiskey), camicie da cowboy con colletto rigido sollevato, gilet vistosi, cravattino a stringa in pelle o lana fermato con un medaglione, pantaloni stretti e corti, calzini fosforescenti gialli, e particolari scarpe in pelle scamosciata con suola di gomma, una sfilza di anelli alle dita portati che come arma di difesa durante le scazzottate e capelli con ciuffo impomatato che ritoccavano in continuazione col loro pettinino portato in una delle tasche nascoste della giacca.
Le ragazze, le Teddy Girl, sfidando le consuetudini che prevedevano una certa femminilità, vestivano come i ragazzi, con giacche da uomo e pantaloni a tubo o jeans risvoltati, portavano con se ombrelli arrotolati, più come accessorio che per la sua utilità, cammei per chiudere le loro cravattine e i capelli raccolti in lunghe trecce acconciate sul capo.




La scarpa-borsa

"La maggior parte delle idee ha un che di spaventoso.
E se un'idea non è minimamente terrificante,
allora non si può chiamare idea."
(Lee Clow)






C'era una volta uno scatolone pieno di scarpe sinistre, il cui destino era quello di trasferirsi in un cassonetto della spazzatura; dopo aver fatto mostra di sé, infatti, le scarpe erano diventate inutili ed ingombranti, e bisognava sbarazzarsene. 
Presa da compassione, allora, ho deciso di farmene carico con l'intento di portarle a nuova vita e così un'intenso odore di gomma alla fragola invase lo spazio Munablom.
Ma che farci?!?

Dopo mesi di decantazione ecco l'idea!!!

Smembrare le scarpe, recuperare tutte le parti utili e cucirle insieme a formare un mega-patchwork per poi realizzare una bellissima e coloratissima borsa unica nel suo genere.

Una scarpa-borsa

Ingrid

Ingrid è una borsa in patchwork e denim realizzata interamente con materiale di recupero: il patchwork è fatto riutilizzando scarpe campione in tela, ed il denim proviene da un vecchio pantalone militare.

Ingrid

La borsa è foderata internamente con n tessuto in cotone spigato grigio chiaro, ha una tasca interna in denim ed una esterna in patchwork, la chiusura è tramite cerniera lampo in plastica e contiene logo e particolari ricamati e rifiniti a mano.



Dimensioni: 20x20x30


venerdì 19 settembre 2014

STILYAGI

"Oggi ballano al ritmo del jazz ma domani potrebbero vendere la nostra patria"
(Nikita Khrushchev, 1958) 




Russia 1950, gruppi di adolescenti mettono in atto una vera e propria rivolta stilistica che incarna anche uno scontro ideologico tra capitalismo e comunismo; i giovani russi, pur non esprimendo un'esplicita dissidenza politica, non credono che il comunismo abbia una morale e una cultura superiore, e allo stesso tempo si sentono fortemente attratti dalla cultura, dalla musica, il cinema e la moda americani.
La stampa li chiama Stilyagi, ovvero cacciatori di stile, fashion victims che, avendo avuto un assaggio dei costumi occidentali durante la guerra, sembrano voler ricordare che la macchina statale sovietica non possegga tutte le risposte in materia di stile.
Gli Stilyagi, così, iniziano a fare propri termini americani, spesso copiati dai film, nomi, che usano per ribattezzare se stessi o le vie delle città, usanze, sostituendo la vodka con i cocktail e ascoltando lo swing ed il rock&roll, e costumi.
Dal punto di vista del costume, i ragazzi indossano giacche dal taglio zootie, con spalle larghe e lunghe al ginocchio, pantaloni stretti a tubo, camicie colorate  col il colletto stretto da spille o maglioni fatti dalle ragazze che vogliono ricordare le felpe degli universitari anni '30, cravatte sottili, lunghe e dipinte a mano con disegni di cow-boys, donnine hawaiane e cactus, e scarpe stile creeper, rialzate con gomma acquistata al mercato nero; si fanno crescere i capelli lunghi e li ungono di grasso per farsi ciuffi a banana con un'onda sul collo e si dannano alla ricerca di bottoni a quattro fori (in Russia esistono solo quelli a due fori).
Le ragazze sfidano le puderie del Partito e l'ideale dell'eroina sovietica tutta casa e propaganda, indossando abiti attillati e dai colori vivaci, gonne lunghe al ginocchio e strette in vita o corte con spacchi che rivelano le giarrettiere, maglioncini aderenti e sandali alla romana d'estate; si truccano pesantemente e si acconciano i capelli alla maniera americana.
Entrambi si ingegnano nell'imitare i teenager americani attingendo a risorse improbabili ma necessarie, dato che vivono in una società in cui non esistono beni di consumo; masticano palline di paraffina per imitare gli introvabili chewing gum, disegnano a penna finte etichette americane da cucire agli abiti, dipingono quello che trovano o incollano sui capi ritagli di giornale e carta colorata per dare vivacità ai vestiti, tagliano tende e tappezzerie per rifarsi un guardaroba più moderno, insomma devono fabbricarsi da soli l'intero apparato scenico della loro rappresentazione.
Tra loro si chiamano "chuvak" e "chuvakha" (ragazzi e ragazze) e, solitamente, sono gli appartenenti alle famiglie più ricche dell'élite sovietica. Le autorità preferiscono deriderli per il loro look, piuttosto che reprimerlo socialmente, e non si tirano indietro nel punire qualsiasi manifestazione di ispirazione americana, distruggendo i loro vivaci vestiti o mettendoli in prigione, fino al 1960 quando l'URSS decide di non chiudersi più deliberatamente  all'influenza occidentale, ironia della sorte, proprio quando inizia il declino dello Stilyagi.



mercoledì 17 settembre 2014

Trasformazione

"Non sopprimere un'idea, trasformala."





Yamhuna 

Casacca in sari indiana ricamata con filo dorato, con scollo a barca, ampie maniche a kimono ed elastico in vita.

Yamhuna 

Le maniche possono essere lasciate aperte (come foto precedente) lasciando libere le braccia, oppure chiuse tramite dei gancini posti lungo la bordatura in passamaneria dorata.

Yamhuna 

Yamhuna 



LA DOLCE VITA

"A me invece Roma piace moltissimo:
una specie di giungla, tiepida, tranquilla, dove ci si può nascondere bene".
("La dolce vita" F. Fellini)



Al termine del secondo conflitto mondiale, l'Italia era un paese devastato ed estremamente povero, come molti altri paesi che parteciparono alla guerra, ma già negli anni '50 del secolo, la povertà si trasforma nel più grande boom economico che si potesse sperare. La ripresa non avvenne solo dal punto di vista industriale con l'invenzione di nuove e moderne apparecchiature ed elettrodomestici e la divulgazione dei prodotti in serie, ma anche nei settori cinematografico e della moda, strettamente connessi poiché uno determinava il successo dell'altro.
Grazie alle opere cinematografiche, infatti lo stile italiano passò dall'essere sciatto e proletario, come mostrato dai film di Visconti e Pasolini in cui era di moda evidenziare l'abbigliamento povero con canottiera bianca e pantalone logoro di flanella, all'essere chic e raffinato, riconosciuto internazionalmente e preso ad esempio da tutti. Il film che meglio di tutti determinò tale stile fu "La dolce vita" di Fellini, grazie al quale il cinema si dimostrò un mezzo capace di forgiare lo stile di una nazione, dimostrando inoltre che un intero settore poteva non solo risorgere, ma addirittura imporsi a livello globale, grazie proprio al magnetismo del suo stile.
Così ogni occasione diveniva buona per vestire eleganti ed indossare completi aderenti con occhiali neri da sole, tubini neri, gonne strette al ginocchio con camicette a manica lunga e scarpe con tacco a rocchetto, per le donne; e completi neri, funerei ma eleganti, con camicia bianca, cravatta nera e occhiale da sole scuro, cappotto double con interno impermeabile e maglioncino nero a collo alto, rinominato poi "dolcevita" poiché indossato da Mastroianni nel film omonimo, per gli uomini.


martedì 16 settembre 2014

N

NACRÉ: Termine Francese che indica l’effetto di madreperla che si ottiene incrociando  un filo di un colore e un altro di un colore differente che conferisce una luminosità ai tessuti.

NAGAJUBAN: Sottokimono, che viene indossato come una sorta di sottoveste o secondo strato, le cui maniche e collo fuoriescono dal kimono.

NANCHINO: Tessuto di cotone fabbricato a Nanchino in Cina.

NAPPA: 1 - Mazzetto di fili, corde o strisce di cuoio, che viene usato per ornamento; nell'abbigliamento maschile sono molto diffuse le nappine per alcuni tipi di scarpe.

2 - Pellame molto morbido sottoposto a conciature al cromo di pelli di pecora e capra, grazie a cui acquista morbidezza ed elasticità divenendo adatto per capi di abbigliamento, giacche, mantelli e guanti.

NASTRO: E’ una striscia di tessuto molto sottile si seta o di cotone realizzato con diversi materiali. Viene utilizzato per la realizzazione di guarnizioni e orli sui capi di abbigliamento o sugli accessori di moda.

NATIONELLA DRÄKTEN: Termine svedese che significa Costume Nazionale e che fa riferimento all'abito storico che Re Gustavo III introdusse nel 1778 in Svezia, disegnato per nobiltà e borghesia, al fine di limitare il consumo e l'importazione di beni di lusso della moda. Sia il costume maschile che femminile avevano requisiti di colore specifici da rispettare per i funzionari di corte: nero con profili rossi per l'uso quotidiano e azzurro con rifiniture bianche per le occasioni formali; mentre il resto delle persone erano libere di scegliere la propria combinazione di colore, purché il modello fosse quello disegnato dal Re, solo il popolo ed il clero erano esclusi da questa moda. Per quanto riguarda lo stile dell'abito, quello delle donne seguiva sostanzialmente la moda e i cambiamenti dell'epoca, fatta eccezione per il colletto e le maniche ispirati al Rinascimento, e quello maschile presentava dettagli Rinascimentali e del periodo Carolino della storia Svedese (1697-1718). Entrambi oggi vengono riproposti come abito tradizionale durante le occasioni formali.

NATTÈ o PANAMA: Tessuti simili a stuoie, in lana o cotone pettinato o cardato, con armatura a tela il cui lavorano più fili appaiati, in trama e in ordito che conferisce un aspetto a grosso intreccio con alternanza di quadratini. Si tratta di stoffe molto adatte per fare le cravatte, tailleurs e, in alcuni casi, anche cappotti.

NATURAL SHOULDERS: Locuzione inglese che significa spalle naturali, con cui si indica il profilo di giacche in cui l'imbottitura delle spalle è ridotta al minimo o eliminata del tutto.

NAVETTA: Accessorio meccanico del telaio, a forma di siluro, contenente la spola. E' generalmente in legno dalla forma affusolata ed ha il compito di agevolare il movimento di andata e ritorno per trasportare il filo che si svolge dalla spola.

NAVY: Termine che in abbigliamento indica il colore blu marino.

NÉCESSAIRE: Astuccio o piccola borsa, usato soprattutto in viaggio, in cui riporre tutto ciò necessario per la pulizia e l'igiene personale.

NECCHI: Maggior produttore italiano di macchine per cucire, ad opera di Vittorio Necchi che fondò l'azienda nel 1916 dopo essersi stazzato dall'azienda familiare che si occupava di siderurgica. Nel 1935, grazie al suo operato nel settore della meccanica, Vittorio Necchi ottenne il titolo di Cavaliere del Lavoro.

NECK STOCK: Larga fascia di Cambrì o lino, spesso sostenuta da un cartoncino, che veniva avvolta attorno al colletto e spesso completata da una cravatta nera, chiamata solitaire. Di moda nell'abbigliamento maschile nel tardo '800.

NEFAPERLON: Fibra sintetica poliammide da copro-lattame, prodotta in Germania.

NÉGLIGÉ: 1 - Vestaglia femminile ricca e leggera , trasparente e vaporosa, usata come abbigliamento da casa. Venne creata nel Roccocò, nel 1700, in sostituzione degli abiti pesanti e sfarzosi dell'epoca, ricchi di ricami e fiori, che venivano indossati dalle dame fuori casa.
2 - Abito da viaggio o da passeggio, usato anche in casa, molto pratico e comodo e allo stesso tempo raffinato. Negli anni '20 del 1900, e a seguire, era confezionato con tessuti pregiati e svariate elaborazioni e veniva considerato l'abito del relax prima della cena.

NEOROMANTICISMO: Stile di abbigliamento nato nell'Inghilterra degli anni '80, che si presentava in maniera molto stravagante e teatrale, ammettendo qualsiasi contaminazione stilistica purché potesse suscitare una fuga dalla realtà e da qualsiasi preoccupazione del quotidiano. I neoromantici, erano soliti indossare camicie con volant, vecchi cappelli, giacche a spalle larghe, stivali alti, e capi d'ispirazione piratesca, fantasy, cow-boy, fumettistica ecc.

NERVATURA: Increspatura usata per decorare le maniche, il corpetto e lo sprone di un abito.

NEW LOOK: Stile lanciato da Christian Dior nel 1947, basato sulla silhouette "Corolle", formata da corpetto attillato a vitino stretto con seno in evidenza e spalle arrotondate, e gonna ampia e lunga sotto il ginocchio; la linea rotonda è enfatizzata da un minibusto e da sottogonna di sostegno che vengono inseriti all'interno dell'abito. L'uso della guêpiére nel corpino rese pressoché inutile quello di reggipetti, busti e sottovesti per modellare la figura, già enfatizzata dalla rigidità del tessuto con cui era confezionato l'abito. Scarpe a punta con tacco alto, cappellini infiorati, fiore all'occhiello, guanti, foulard, ombrellini e borsetta in tono, completano lo stile. Tale look, per cui vi è un considerevole consumo di stoffa, è in netta contrapposizione a quello usato fino a pochi anni prima, penalizzato dal razionamento della guerra, e resterà in voga fino alla metà degli anni '50.

NEW ROMANTIC: Stile nato negli anni '80 ad opera di alcuni londinesi che si costituiscono come movimento contrapposto a quello Punk. Questo stile si ispira al passato, recuperando l'uso di pizzi, volant e velluti, facendo così parlare di "moda neodandy".

NIDO D'APE: Tessuto di lino, cotone o lana, con disegno geometrico a righe in rilievo alternate ad incavi incrociati diagonalmente, tali da ricordare l'alveare delle api.

NIGHT RAIL: Corta cappa chiusa davanti, che copriva colo le spalle e la parte superiore delle braccia. Confezionata in mussola, era spesso ricamata ed adorna di pizzi. veniva indossata dalle donne nel XVII sec. che velavano così le scollature troppo audaci.

NIQUAB: Velo che copre il volto della donna e che può lasciare scoperti gli occhi. Esistono due tipi di Niquab, quello saudita che è composto da uno o più veli con una fascia che passa dalla fronte e viene legata dietro la nuca, e quello yemenita che è composto da due pezzi, un fazzoletto triangolare per coprire la fronte e uno rettangolare che copre il viso da sotto gli occhi a sotto il mento.

NITHSDALE: Dal nome di Lady Nithsdale, mantello femminile del XVIII secolo.

NITRILON: Fibra sintetica, con le medesime caratteristiche del nailon e del kapron, prodotta in Russia e in Cecoslovacchia.

NITROCELLULOSA: La prima fibra artificiale a base di cellulosa con acido nitrico, prodotta dal Conte di Chardonet.

NOBILITAZIONE: Insieme di tutte le operazioni e trattamenti eseguiti su tessuti e filati, prima dell'uso finale, per migliorarne o modificarne aspetto e qualità.

NOCCIOLA: 1 -  Filo in mischia di lana merino e cotone, dalla mano morbida simile al cachemire.
2 - Color nocciola, noisette in francese.

NODO: Legatura di filo, fune o simili, fatta per stringere o formare. In tessitura serve per unire due orditi o due trame rotte, usando i vari tipi di nodi che esistono, come quello comune o da tessitore. Con un insieme di nodi vengono anche creati tappeti, mentre nella moda viene usato per annodare la cravatta, alcuni tipi di cinture o per realizzare ricami in macramè.

NODI FRANCESI: Nodi ricamati in forma di perlina fatti caricando il filo due volte inforno all'ago prima di completare il punto.

NO IRON: Indicazione presente spesso in etichette di tessuti, generalmente di cotone, che, dopo il lavaggio, non necessitano della stiratura.

NOISETTE: Termine francese che indica un tipico colore nocciola, marrone tendente al beige.

NON IONICI: Tipo di ammorbidenti specifici, non molto usati, derivati da acidi grassi condensati con ossido di etilene. Sono usati per conferire mano scivolosa all'acetato, alla seta ed alla viscosa.

NON TESSUTO: Tessuto che non è formato da fili intrecciati ma che viene prodotto chimicamente in pezze e composto da fibre di molti tipi.

NORFOLK JACKET: Giacca sportiva usata in origine dal duca di Norfolk, nella seconda metà dell'800, per andare a caccia. E' fatta con tasche a toppa, spacco centrale posteriore, pieghe a cannone, schiacciate simili a bretelle, martingala sul retro o cintura.

NORTHERN SOUL: Movimento nato verso la fine degli anni '60 nell'Inghilterra del nord, e conclusosi agli inizi degli anni '80. Gli appartenenti a questa subcultura erano appassionati di musica soul e di un tipo di ballo acrobatico, fatto di giravolte, salti mortali, spaccate e calci, che anticipava di gran lunga la succeessiva break dance statunitense. Per agevolarsi in questo tipo di danza, i northen solu  privilegiavano un tipo di abbigliamento composto da pantaloni ampi dal taglio classico, con cinture vivaci, camicie da bowling o semplici canottiere cosparse di toppe cucite e scarpe con la suola in cuoio.

NOX: Viscosa avvolta ad un'anima di filo elastico che costituisce il primo filato elasticizzato per maglieria.

NUANCE: Voce francese che indica una particolare tonalità di colore, una sfumatura, una gradazione.

NUBUK: Tipo di pelle conciata, generalmente per tomaia, al cromo e riconciato con tannini sintetici, in genere di colore bianco, smerigliato dal lato fiore per ottenere una superficie leggermente vellutata, cioè simile al velluto.

NUDE LOOK: Moda proposta da alcuni stilisti come audace tentativo di dinamicizzare l'immobilità suscitata dallo stile minimalista; puntava sul proporre capi tanto sfarzosi, quanto provocanti e seducenti, con un uso eccessivo di velature, scollature e trasparenze.

NUTRIA: Mammifero roditore simile al castoro, che vive nell'ambiente acquatico del Sud America ed il cui pelo, molto pregiato, è assai sfruttato in pellicceria.

NYLON (NY): Fibra tessile artificiale poliammidica inventata nel 1934 (brevettata 3 anni dopo) che costituisce il primo tessuto sintetico. Dal 1939 vi fu l'iniziale produzione di filo di nylon per le calze da donna, le quali uscirono sul mercato l'anno successivo. Dall'aspetto lucente e brillante, è molto simile alla seta e la supera in resistenza; è idrorepellente e resistente all'abrasione e alla deformazione. E' largamente impiegata nell'industria delle calze da donna, ma anche nel settore della biancheria e dell'abbigliamento in genere.